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"IL PIU' CONCETTUALE DEI SIMBOLI TRA SCIENZA, FILOSOFIA E RELIGIONE"

Il concetto di infinito è insito nella mente dell’essere umano, la cui essenza si confronta quotidianamente sia con tutto ciò che egli non può spiegare razionalmente sia con i propri desideri di immortalità, quale risposta inconscia alla consapevolezza sulla precarietà della vita terrena. Credere a una vita oltre la morte, infatti, è un bisogno recondito della vita stessa, necessario all’individuo che - per vivere ogni singolo giorno - deve dare un obiettivo di ideale e perpetua esistenza. L’idea dell’infinito, infatti, è indubbiamente impressa nel nostro Dna, indispensabile per preservare l’istinto di sopravvivenza e lo spirito di continuità della specie, che si concretizza nel tentativo di lasciare un segno del proprio passaggio nella storia, attraverso un’azione o - per esempio - concependo un figlio, archetipo della nostra voglia di eternità.
Tutto questo potrebbe apparire come banale retorica, ma il fatto che esista un disegno, un codice visivo, che identifichi l’immagine dell’infinito è, di per sè, la conferma della necessità dell’uomo di definire qualcosa di indefinibile, sebbene parte reale e integrante della propria persona.
L’infinito, prima che un concetto, è uno dei sensi dell’uomo; certo, non uno dei rispettivi cinque organi fisici, ma di quelli che appartengono alla sfera della percezione interiore, territorio mentale dove la persona si costruisce col tempo un’esclusiva identità. Questa è anche la sfera del branding che, agendo attraverso l’inconscio, si alimenta grazie a dei concetti in grado di legarsi al vissuto di una persona e a dei simboli che consentono di comunicare.


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